Nessuno
il grido pianto
da bocche lunari, in mezzo a silenzi
di cui si vestono nubi astratte
appoggiate sulla mia nullità
ai cipressi grinzosi senza gemme
nel dedalo di buio
d’ogni frastornata ansa
colorata dalla psiche, mi pare quasi
il reo passaggio di circuire
rocamboleschi ciclopi fuggenti
la poesia
molteplice unità fissa
su iati operosi, salmodiando
di malate foreste
per questo condannate
com’Ulisse dopo i tronchi erculei
a bruciare per sempre, straripando
lungo il viaggio nella profezia
scissa
dentro la cecità.